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Serie A: l’invasione degli allenatori stranieri

In panchina mai così tanti tecnici non italiani dall’introduzione dei tre punti

Il calcio italiano sta vivendo una rivoluzione silenziosa. La Serie A 2024/25 segna un punto di svolta nella storia del nostro campionato: sette allenatori stranieri pronti ai nastri di partenza, un record assoluto dall’introduzione dei tre punti a vittoria. Una cifra che rappresenta più del triplo rispetto a dodici mesi fa, quando erano solo tre i tecnici non italiani a guidare le squadre del massimo campionato. Dalla scelta sorprendente del Parma, che ha affidato la panchina al ventottenne spagnolo Carlos Cuesta, fino alla conferma di Tudor alla Juventus, passando per Chivu all’Inter, Vieira al Genoa, Juric all’Atalanta, Fabregas al Como e Runjaic all’Udinese. Un cambiamento profondo che attraversa l’intera classifica, dalle squadre che lottano per lo scudetto a quelle impegnate nella battaglia salvezza. Un fenomeno che ha attirato l’attenzione anche degli appassionati di scommesse sportive, come evidenziato dall’incremento di interesse sui portali specializzati come https://www.zetcasino.icu/it/.

Una scuola in evoluzione

L’Italia del calcio ha sempre rappresentato una delle migliori scuole di allenatori al mondo. Un Paese che ha esportato eccellenze come Carlo Ancelotti, unico tecnico della storia ad aver vinto uno scudetto in tutti i cinque principali campionati europei. La tradizione italiana ha sempre privilegiato i propri talenti, tanto che tra i 20 allenatori con più panchine in Serie A, solo tre sono stranieri: Liedholm (644), Eriksson (437) e Helenio Herrera (423).

Renzo Ulivieri, presidente dell’assoallenatori, osserva il fenomeno con sguardo lucido: “Non c’è da aver paura, mischiare le culture fa bene. L’allenatore italiano deve diventare più meticcio, soprattutto nell’interpretazione della partita. Ci sono momenti in cui serve essere italiani e verticalizzare, altri in cui è meglio rifarsi alla scuola spagnola e palleggiare. E quando non si può, lancio lungo e all’arrembaggio come gli inglesi”.

Un campionato tatticamente complesso

L’adattamento dei tecnici stranieri al calcio italiano non è sempre stato semplice. Lo scorso anno due su tre (Runjaic e Fabregas) sono riusciti a completare la stagione, mentre due anni prima tre su quattro (Garcia, Sousa e Mourinho) furono esonerati.

“Ci siamo aperti al mondo, ma chi arriva qualche difficoltà ce l’ha sempre”, continua Ulivieri. “Sul piano tattico il nostro calcio è particolarmente complicato. All’estero scegli un modulo e raramente cambi, in Italia invece devi essere camaleontico anche all’interno della stessa partita”.

Nuove influenze e tradizioni rinnovate

Le influenze calcistiche provenienti dall’estero sono cambiate nel tempo. Se Fabregas e Cuesta rappresentano il rinnovamento della scuola spagnola, già presente in Italia con Benitez e Luis Enrique dal 2010, Juric e Tudor hanno riportato in auge la tradizione croata, praticamente assente dai tempi dell’esperienza del leggendario Tomislav Ivic all’Avellino nel 1985. Chivu è solo il secondo allenatore romeno dopo Lucescu, mentre Runjaic è appena il terzo tedesco nella storia della Serie A, preceduto dalle poco fortunate esperienze di Blessin e Voller. Patrick Vieira diventa il terzo francese a guidare una squadra italiana.

Un fattore determinante in questo cambiamento è rappresentato dalle proprietà straniere: “Spesso scelgono un allenatore in base a numeri e algoritmi”, sottolinea Ulivieri. “È una strategia sbagliatissima perché questo mestiere fa dell’istinto e dell’umanità i propri punti di forza. Come si possono misurare queste qualità? La scelta deve dipendere da ragionamenti studiati, come ha fatto l’Atalanta che, perso Gasperini, è andata dritta su Juric riflettendo su quale profilo fosse più vicino al predecessore”.

Dalla purezza all’ibridazione

Dal 2005 al 2008 la Serie A ha vissuto una fase di assoluto dominio degli allenatori italiani. Fu Moratti a interrompere questa tradizione, rimpiazzando Mancini con Mourinho, scelta che portò l’Inter sul tetto d’Europa nel 2010 dopo 46 anni di attesa. Proprio come accadde nella recente vittoria della Lazio sul Lecce decisa dal gol di Marusic, talvolta le soluzioni inaspettate possono rivelarsi vincenti.

Se un tempo il motto “Italians do it better” sembrava inattaccabile, oggi sette allenatori stranieri sono pronti a dimostrare che l’eccellenza può provenire anche da oltre confine. In un mondo sempre più globalizzato, anche il calcio italiano sta imparando ad aprirsi alle influenze esterne, in un processo di contaminazione che potrebbe arricchire ulteriormente una delle scuole calcistiche più prestigiose al mondo.